Anomalie nel 9% dei tracciati dell’elettrocardiogramma tra chi pratica sport in giovinezza: un dato che deve far riflettere, che cosa si fa davvero per la prevenzione?
L’elettrocardiogramma (ECG) rappresenta un metodo efficace per lo screening nella certificazione sportiva agonistica: grazie a questo semplice esame, infatti, possiamo identificare precocemente eventuali patologie cardiache che aumentano il rischio di morte improvvisa. Non è una questione di poco conto: pensiamo solo ai casi nel gioco del calcio, a partire dall’infarto di Eriksen agli Europei 2021.
La situazione, inoltre, non è da tenere monitorata solo quando si tratta di atleti professionisti, ma anche tra giovani atleti apparentemente sani. Proprio qui si nascondono i rischi maggiori. Uno studio condotto dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù ha rivelato che circa il 9% dei 600 bambini e adolescenti sottoposti a esame presentava anomalie nel tracciato elettrocardiografico. Di questi, un terzo vengono fermati.
Atleti a rischio di infarto: che differenza c’è tra l’Italia e altri Paesi europei
Lo studio, condotto in collaborazione con le unità di Radiologia Toracica e Cardiologia, ha coinvolto 581 atleti selezionati nell’arco di 18 mesi per valutare l’idoneità sportiva: 53 atleti sono risultati con appunto tracciati che avevano delle anomalie e in 17 casi i giovani atleti non hanno ricevuto l’idoneità agonistica a causa di patologie come cardiomiopatie, miocarditi, ponti miocardici e anomalie coronariche.
I restanti 36, anche se hanno avuto l’idoneità, vanno ritenuti da rivalutare ogni sei o dodici mesi, per chiarire se sia cambiato qualcosa che possa rendere per loro pericoloso praticare sport a livello agonistico. Lo studio evidenzia l’importanza dello screening elettrocardiografico nella prevenzione delle patologie cardiache nei giovani atleti, ma vanno comunque fatte delle osservazioni.
Tornando al caso dell’infarto in campo di Christian Eriksen a Euro 2021, come si ricorderà il calciatore all’epoca militava nell’Inter e dovette rinunciare a tornare a giocare in Italia proprio a causa di quel gravissimo malore in campo. Lo stesso danese comunque è ancora oggi un calciatore professionista in attività: questo perché in altri Paesi europei, ciò è consentito.
Al contrario, in Italia, i protocolli per l’idoneità sportiva agonistica sono assolutamente rigorosi, includendo visite cardiologiche, ECG a riposo e sotto sforzo, esami spirometrici e analisi delle urine. Ma non solo: i risultati di quei controlli possono fare sì che non venga ritenuto idoneo un atleta, che poi magari non solo non avrà problemi per il resto della sua vita, ma altrove praticherebbe tranquillamente sport a livello agonistico.